Diritto all’oblio: cos’è e quando si può esercitare [Aggiornato 2025]
- Avv. Giulio Cristofori

- 2 lug
- Tempo di lettura: 7 min
Ogni giorno sempre più persone si rivolgono a uno studio legale perché il proprio nome appare online associato a contenuti superati, non più attuali o potenzialmente dannosi per la reputazione personale o professionale. In questi casi, il diritto all’oblio può rappresentare uno strumento efficace per tutelare la propria immagine e recuperare il controllo sui propri dati personali.
Introdotto dal Regolamento Europeo GDPR (art. 17) e consolidato dalla giurisprudenza nazionale, il diritto all’oblio consente (a determinate condizioni) di chiedere la rimozione di informazioni personali da motori di ricerca o siti web, quando non più pertinenti o lesive.
Come Avvocato Penalista con esperienza decennale in materia di privacy, reputazione online e diritti digitali, offro una consulenza personalizzata per aiutarti a capire se e come puoi esercitare questo diritto, con rapidità ed efficacia.
In questa guida aggiornata al 2025 troverai: cosa prevede la normativa sul diritto all’oblio, in quali casi può essere applicato, come inviare una richiesta corretta, cosa fare se la cancellazione viene rifiutata e quando è utile l’intervento di un avvocato.
Indice dei contenuti
Diritto all’oblio: cos’è
Il diritto all’oblio è il diritto di ogni individuo a ottenere la cancellazione dei propri dati personali da archivi internet, motori di ricerca o siti web, quando questi non sono più necessari, sono inesatti, o ledono la dignità e la reputazione della persona. Si tratta di un’estensione del più ampio diritto alla protezione dei dati personali, previsto dal Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR).
Nel concreto, questo diritto si traduce nella possibilità di chiedere la rimozione di link o contenuti indicizzati su Google (e altri motori di ricerca), oppure la cancellazione di articoli, post o documenti ospitati su siti terzi, quando non sussistono più motivi legittimi per la loro diffusione.
Base normativa: art. 17 GDPR e sentenza della Corte di Giustizia dell’UE nel caso Google Spain vs. Costeja (2014)
L’art. 17 del GDPR, “Diritto alla cancellazione (‘diritto all’oblio’)”, stabilisce che il soggetto interessato ha diritto a ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano “senza ingiustificato ritardo”, qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
i dati non sono più necessari rispetto alle finalità per cui erano stati raccolti;
è stato revocato il consenso al trattamento;
i dati sono trattati illecitamente;
i dati devono essere cancellati per adempiere a un obbligo legale;
i dati si riferiscono a un minore e sono stati raccolti tramite servizi digitali.
Il diritto all’oblio è stato formalmente riconosciuto in Europa con la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE nel caso Google Spain vs. Costeja (2014). In quell’occasione, la Corte ha stabilito che un motore di ricerca è responsabile del trattamento dei dati personali e può essere obbligato a rimuovere risultati lesivi su richiesta dell’interessato.
Da allora, la normativa europea e nazionale ha progressivamente recepito e ampliato questo diritto, fino a renderlo uno strumento fondamentale per la tutela dell’identità digitale e della reputazione online.
Diritto all’oblio ≠ diritto alla cancellazione generica
Spesso i due termini vengono usati come sinonimi, ma esiste una distinzione importante:
diritto alla cancellazione: riguarda in senso stretto l’eliminazione dei propri dati da un archivio (es. una newsletter, una banca dati, un CRM);
diritto all’oblio: implica anche la rimozione dell’accessibilità pubblica a un’informazione, come ad esempio la de-indicizzazione di una pagina dai risultati di Google.
Quando si può esercitare il diritto all’oblio
Non tutti i contenuti online possono essere rimossi automaticamente. Il diritto all’oblio può essere esercitato solo in presenza di determinate condizioni previste dalla legge. In sostanza, è necessario che l’informazione pubblicata abbia perso rilevanza, sia inadeguata, inesatta o lesiva, oppure non più giustificata da un interesse pubblico prevalente.
Ecco le situazioni più comuni in cui è legittimo presentare una richiesta:
il contenuto non è più attuale: ad esempio un articolo di cronaca su un procedimento penale poi archiviato, pubblicato anni fa, ma ancora tra i primi risultati su Google;
l'informazione è falsa, imprecisa o incompleta: se un dato riportato online è errato o fuorviante, puoi richiederne la rimozione o la rettifica;
hai revocato il consenso al trattamento dei tuoi dati: ad esempio hai autorizzato in passato la pubblicazione del tuo nome o foto, ma oggi non lo desideri più;
il contenuto arreca un danno alla tua reputazione o dignità: riguarda casi di diffamazione online, forum, blog o social network dove sei stato menzionato in modo offensivo o lesivo;
i dati si riferiscono a un minore o a un soggetto vulnerabile: il GDPR tutela in modo rafforzato i dati dei minori o di chi si trovi in una condizione di fragilità;
la pubblicazione è priva di fondamento giuridico: non c’è alcuna base legale o finalità legittima che giustifichi la presenza di quell’informazione.
Forse non lo sapevi.
Dal 2023, alcune Regioni italiane (come la Lombardia) hanno introdotto strumenti specifici per tutelare la privacy degli ex pazienti oncologici, affinché la loro storia clinica non condizioni più la vita sociale o lavorativa.
Come si esercita il diritto all’oblio
Esercitare il diritto all’oblio è possibile, ma richiede alcuni passaggi precisi.
Identificazione
Il primo passo è identificare con precisione il contenuto che desideri rimuovere o indicizzare. Deve trattarsi di un’informazione che:
non è più attuale;
è inesatta, superata o lesiva della tua reputazione;
oppure non è più giustificata da un interesse pubblico prevalente.
Invio della richiesta
La richiesta deve essere chiara, documentata e motivata. Nel dettaglio, ecco cosa deve contenere:
i tuoi dati anagrafici e un recapito;
l’URL preciso del contenuto da rimuovere;
una spiegazione sintetica ma efficace del motivo per cui richiedi la cancellazione;
eventuali prove (es. archiviazione del procedimento, errata attribuzione, danno subito);
copia del tuo documento di identità.
A seconda del caso specifico, la richiesta può essere inviata al:
motore di ricerca (es. Google): se il contenuto è ancora visibile nei risultati di ricerca, puoi rivolgerti direttamente a Google;
sito che ospita il contenuto: se l’articolo o la pagina è pubblicata su un blog, un quotidiano, un forum o un social, è possibile contattare direttamente il gestore del sito web (indicato solitamente nella sezione "Contatti" o "Privacy");
Garante per la protezione dei dati personali: se il titolare del sito o Google non risponde o nega la richiesta, puoi rivolgerti al Garante Privacy attraverso una segnalazione o reclamo, anche senza assistenza legale.
Tempi di risposta
Secondo il GDPR, chi riceve la tua richiesta deve rispondere entro 30 giorni, con la possibilità di prorogare fino a 60 giorni nei casi complessi, motivando il ritardo.
Gli esiti possibili sono:
rimozione del contenuto (o deindicizzazione da Google);
diniego motivato;
nessuna risposta: in questo caso puoi ricorrere al Garante o procedere legalmente.
Serve un avvocato?
Non è obbligatorio rivolgersi a un avvocato, ma in molti casi può essere utile o addirittura strategico. In particolare:
se il contenuto è diffamatorio o sensibile;
se la tua richiesta è stata respinta senza motivazioni chiare;
se è necessario un intervento giudiziario.

Diritto all’oblio: casi in cui non si applica
Il diritto all’oblio non è assoluto: le informazioni non possono essere rimosse solo perché creano disagio o imbarazzo. In molti casi, infatti, il legislatore e i tribunali stabiliscono che il diritto di informare e il diritto di essere informati possano prevalere sull’interesse individuale alla cancellazione.
Ecco i principali limiti e situazioni in cui il diritto all’oblio può essere escluso:
Presenza di un interesse pubblico attuale: se il contenuto riguarda fatti di interesse pubblico ancora rilevanti (es. questioni giudiziarie pendenti, notizie economiche, attività istituzionali), la richiesta può essere legittimamente respinta;
Diritto di cronaca e libertà di espressione: tutelata dall’art. 21 della Costituzione e dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE;
Archivi giornalistici e storici: anche quando un contenuto non è più attuale, può essere mantenuto online a fini documentali, purché sia accessibile in modo non indicizzato (es. non visibile nei motori di ricerca) e non compaia tra i primi risultati per il nome della persona coinvolta.
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Domande frequenti
Che cosa si intende per diritto di oblio?
Il diritto all’oblio è il diritto di una persona a ottenere la cancellazione di informazioni personali non più attuali o rilevanti, soprattutto se la loro diffusione arreca un pregiudizio alla reputazione o alla privacy.
Che cos’è il diritto all’oblio in informatica?
In ambito informatico, il diritto all’oblio riguarda la rimozione di dati personali dai motori di ricerca, archivi digitali o piattaforme online, per impedire che certe informazioni siano facilmente accessibili in rete.
Quando una persona può invocare il diritto all’oblio?
Si può invocare il diritto all’oblio quando i dati pubblicati risultano non aggiornati, irrilevanti, inesatti o eccessivi rispetto alle finalità per cui erano stati diffusi, specie se ledono la dignità o la reputazione della persona.
Come si fa ad esercitare il diritto di oblio in Google?
Per esercitare il diritto all’oblio su Google, è necessario compilare un modulo online fornito dalla piattaforma, allegando la documentazione utile e spiegando perché si richiede la rimozione dell’URL dai risultati di ricerca associati al proprio nome.
Quanto dura il diritto all'oblio?
Il diritto all’oblio non ha una durata fissa, ma si valuta caso per caso: perdura finché sussiste un interesse prevalente alla riservatezza rispetto all’interesse pubblico alla conservazione o diffusione dell’informazione.



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