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Diritto tributario criptovalute: per la Cassazione non hanno valore legale

Immagine del redattore: Avv. Giulio CristoforiAvv. Giulio Cristofori

Aggiornamento: 27 gen

Diritto tributario criptovalute: la Cassazione ha annullato il sequestro probatorio, per il profitto del reato tributario ex art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000, di Bitcoin nei confronti del contribuente infedele per il profitto del reato tributario.


Secondo la Sentenza n. 1760/2025 della Cassazione, le crypto non sono asset potenzialmente sequestrabili. In Italia, non è ancora riconosciuto valore legale alle valute digitali. Per questo motivo non possono essere pignorate preventivamente dal fisco in caso di evasione fiscale.


Io sono l’Avv. Giulio Cristofori, da oltre 10 anni specializzato in materia di diritto penale d’Impresa. In questo articolo analizziamo la recente sentenza della Corte di Cassazione. 



Indice dei contenuti



Reati finanziari e criptovalute: una panoramica 

Grazie alla loro natura decentralizzata e alla promessa di transazioni sicure e anonime, negli ultimi anni le criptovalute sono diventate sempre più popolari. Le transazioni realizzate con l’impiego delle criptovalute sono registrate in un registro digitale (blockchain), che garantisce sicurezza e trasparenza. 


Nonostante le criptovalute abbiano numerosi usi legittimi, la loro natura anonima e la difficoltà di tracciabilità tendono a renderle particolarmente appetibili per attività illecite. Di seguito i principali reati legati all’utilizzo delle criptovalute:


  • riciclaggio di denaro;

  • autoriciclaggio;

  • truffa;

  • evasione fiscale;

  • cybercrimine;

  • finanziamento del terrorismo. 



Diritto tributario criptovalute: no della Cassazione al sequestro per equivalenti di Bitcoin come profitto del reato tributario 

La Cassazione penale (con la Sentenza n. 1760/2025) ha annullato il sequestro probatorio di bitcoin applicato per equivalente rispetto alla misura dell’imposta evasa contestata al ricorrente.


In particolare, per la Corte di Cassazione è illegittima la misura cautelare reale che, a seguito di un reato tributario che mira a colpire il profitto (e quindi l’imposta evasa), applica il sequestro probatorio di criptovalute detenute dall’indagato.


Quali sono le ragioni di fondo? 


Poiché le criptovalute sono prive di valore legale e non sono valido mezzo di pagamento con effetti liberatori, il sequestro praticato per equivalente non è applicabile. Infatti, le monete virtuali non sono considerate valute in quanto tali, per cui non sono destinatarie delle regole di cambio e di circolazione (come invece avviene per le monete che hanno valore legale). 


La criptovaluta costituisce, infatti, la rappresentazione di un valore digitale che viene accettato dai soggetti fisici o giuridici come mezzo di scambio. Non è quindi garantita dall’esercizio di poteri autoritativi di un ente pubblico o di una Banca Centrale. 


Per tutti questi motivi, per la Cassazione, con la Sentenza n. 1760/2025, è illegittima la conversione in Bitcoin dell’importo sequestrabile in euro come profitto del reato tributario.


transazioni di bitcoin e diritto tributario criptovalute

Sentenza n. 1760/2025: sintesi della decisione della Corte di Cassazione 

Sintesi dei fatti

Sequestro probatorio di criptovalute legato a presunta evasione fiscale. L’ordinanza è stata confermata dal Tribunale del riesame.

Questione oggetto di esame

Legittimità del sequestro delle criptovalute come "profitto del reato" (ex art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000). Oltre alla carenza di motivazione dell'ordinanza, la contestazione ha come oggetto la natura delle criptovalute.

Decisione della Corte di Cassazione

Annullamento dell’ordinanza per carenza di motivazione. Necessità di un nuovo esame da parte del Tribunale del riesame, con approfondimento sul nesso tra criptovalute e reato.


Corte di Cassazione, Sentenza n. 1760/2025: un precedente giurisprudenziale di forte impatto

La suddetta sentenza costituisce un importante precedente giurisprudenziale: fa luce sulle differenze criptovalute e valute legali nell’ambito delle misure cautelari patrimoniali.


La sentenza, se da un lato vede l’occhio favorevole degli investitori nel settore cripto (in quanto protegge i loro beni digitali da confische sproporzionate rispetto l’instabilità del mercato e garantisce loro maggiore certezza giuridica), dall’altro potrebbe aumentare le difficoltà delle istituzioni fiscali nel recupero delle somme evase. Infatti, a differenza di un tradizionale conto bancario, il Bitcoin è anonimo, decentralizzato e difficile da tracciare attraverso i metodi tradizionali.


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Criptovalute diritto: l’attuale contesto 

Negli ultimi anni, il contesto nazionale sta mostrando sempre più attenzione verso le criptovalute. In questo panorama, si inserisce il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets) da parte dell’UE, che ha come obiettivo proprio quello di colmare alcune importanti lacune normative, per offrire una visione più chiara sulla regolamentazione degli asset digitali. 


Per completezza, dobbiamo anche sottolineare come attualmente l’Italia non abbia ancora pienamente recepito queste norme, lasciando spazio alle varie interpretazioni giurisprudenziali.


Ad oggi, l’ordinamento fiscale italiano considera le monete virtuali alla stregua di attività finanziarie atipiche su cui viene applicata una tassazione sulle plusvalenze. Tuttavia, in assenza di una normativa specifica che disciplini sequestri e confische, la loro qualificazione giuridica rimane incerta. 



Diritto tributario criptovalute: quale futuro? 

In un contesto in cui le criptovalute giocano un ruolo sempre più significativo nell’ambito dell’economia globale, la sentenza della Cassazione contribuisce a stabilire due punti: 


  • riaffermare la natura peculiare dei Bitcoin come asset non assimilabili alla moneta legale;

  • lasciare aperta la questione su come lo Stato potrà efficacemente contrastare reati di evasione e riciclaggio che sfruttano la tecnologia blockchain.



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