Reati finanziari e Criptovalute: la Cassazione (sentenza n. 22651/2025) annulla una condanna per autoriciclaggio
- Avv. Giulio Cristofori
- 4 ago
- Tempo di lettura: 5 min
Reati finanziari e criptovalute: un binomio sempre più frequente nei tribunali italiani.
La recente sentenza n. 22651/2025 della Corte di Cassazione ha annullato una condanna per autoriciclaggio, riconoscendo l’assenza di una normativa chiara sulle valute digitali nel periodo 2015-2016.
Come avvocato penalista, da anni assisto imprenditori e professionisti coinvolti in procedimenti per reati economici legati a nuove tecnologie e attività finanziarie digitali. In questo articolo ti spiego perché la Cassazione ha annullato la condanna, cosa si intende per reati finanziari nel mondo crypto e come tutelarsi oggi da rischi penali (spesso sottovalutati).
Indice dei contenuti
Criptovalute e reati finanziari: uno scenario in evoluzione
L’uso delle criptovalute ha rivoluzionato il modo in cui le persone gestiscono investimenti, scambi e pagamenti, ma ha anche aperto nuove aree di vulnerabilità giuridica, soprattutto in ambito penale. In questo contesto, i reati finanziari si sono estesi fino a comprendere condotte legate all’uso scorretto o non regolamentato di valute digitali.
Tra questi rientrano:
esercizio abusivo di attività finanziaria;
riciclaggio;
autoriciclaggio.
Si tratta di reati che, se collegati a operazioni crypto, pongono sfide particolari sia per la magistratura che per chi opera nel settore. A differenza degli strumenti finanziari tradizionali, le criptovalute fino a pochi anni fa non rientravano in un quadro normativo preciso, generando ambiguità sul piano penale.
Capire quando una condotta in ambito crypto diventa penalmente rilevante è oggi fondamentale per chi lavora con asset digitali, consulenza finanziaria online o piattaforme di investimento alternative.
Reati finanziari e criptovalute: la condanna annullata dalla Cassazione
La sentenza n. 22651/2025 della Corte di Cassazione nasce dal seguente caso: un cittadino russo era stato condannato dalla Corte d’appello di Milano per autoriciclaggio, reato presupposto all’esercizio abusivo di attività finanziaria.
Secondo l’accusa, l’imputato gestiva tre siti web (Forex Italy, Keytocash e KTCInvesting) attraverso cui promuoveva e offriva servizi di investimento e negoziazione su criptovalute. Secondo i giudici milanesi, l’attività aveva generato un profitto illecito superiore a 600.000€ nel biennio 2015‑2016, in assenza di qualsiasi abilitazione richiesta per l'intermediazione finanziaria.
La Cassazione, però, ha ribaltato completamente l’esito del processo. Nella motivazione, i giudici di legittimità hanno evidenziato che, fino al dicembre 2016, il Testo Unico della Finanza (TUF) non disciplinava espressamente le criptovalute. Di conseguenza, non era possibile richiedere un’abilitazione per operare su questi strumenti, e quindi non esisteva il reato presupposto necessario per configurare l’autoriciclaggio.
La condanna è stata quindi annullata in forza del principio di legalità e della tassatività della norma penale: non si può punire una condotta se, al momento dei fatti, non era espressamente vietata dalla legge.

Cosa dice la sentenza n. 22651/2025 della Cassazione
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22651 depositata nel 2025, ha ricordato un principio basilare del diritto penale: non esiste reato senza una legge che lo preveda in modo chiaro e preciso al momento del fatto. È il principio di legalità, sancito dall’art. 25, comma 2, della Costituzione e dall’art. 1 del Codice penale.
Nel caso analizzato, i giudici sottolineano che nel biennio 2015-2016 la normativa italiana non imponeva alcuna abilitazione per svolgere attività di compravendita di criptovalute. Il Testo Unico della Finanza, infatti, richiedeva l’autorizzazione solo per operazioni relative a strumenti finanziari tradizionali (azioni, obbligazioni, derivati), ma non menzionava ancora le valute virtuali.
Solo con il D.Lgs. 90/2017, che ha modificato la normativa antiriciclaggio, è stata introdotta per la prima volta una definizione legale di valuta virtuale e dei soggetti obbligati legati a essa (es. exchange e wallet provider). Ancora più tardi, con il decreto MEF del 13 gennaio 2022, sono stati fissati gli obblighi operativi e di registrazione.
Secondo la Corte, dunque, punire un comportamento che all’epoca non era oggetto di obbligo autorizzativo violerebbe il principio di tassatività. Di conseguenza, viene meno il reato presupposto (l’esercizio abusivo), facendo cadere anche l’imputazione per autoriciclaggio.
Quali sono i rischi penali oggi per chi opera in criptovalute
Se nel 2015‑2016 la normativa sulle criptovalute era ancora lacunosa, oggi lo scenario è profondamente cambiato. Chiunque svolga attività di scambio, intermediazione o consulenza finanziaria legata a cripto-asset deve confrontarsi con una rete normativa molto più strutturata, soprattutto in tema di prevenzione del riciclaggio e tracciabilità delle operazioni.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 90/2017 e, successivamente, con il decreto MEF del 2022, sono stati introdotti:
obbligo di registrazione presso una sezione speciale dell’OAM (Organismo Agenti e Mediatori);
obblighi di identificazione della clientela (KYC);
obblighi di segnalazione per operazioni sospette.
Oggi l’esercizio abusivo di attività finanziaria su criptovalute può configurarsi in modo pieno, e può costituire il presupposto per reati ben più gravi, come il riciclaggio e l’autoriciclaggio, se si dimostra che i profitti derivano da attività illecite e vengono “ripuliti” tramite strumenti digitali.
Questo significa che operatori del settore, consulenti fintech, piattaforme crypto e persino investitori professionali devono prestare la massima attenzione ai profili legali della propria attività.
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Come tutelarsi: prevenzione e consulenza legale
Chi opera nel settore delle criptovalute, oggi non può più improvvisare. La normativa è sempre più articolata e le conseguenze penali possono essere rilevanti anche per condotte formalmente lecite, ma gestite in modo imprudente o senza adeguata documentazione.
Per evitare di incorrere in reati finanziari, è fondamentale adottare un approccio preventivo, basato su:
analisi del rischio penale per l’attività svolta;
verifica degli obblighi di registrazione, tracciabilità e conformità antiriciclaggio;
predisposizione di procedure interne e policy conformi;
formazione continua.
Nel mio studio offro assistenza a imprese, professionisti e operatori su tutti gli aspetti del diritto penale, con particolare attenzione alle nuove tecnologie e alla normativa in materia di criptovalute.
La consulenza legale preventiva, spesso sottovalutata, consente di risolvere i problemi prima che diventino procedimenti penali, evitando danni economici e reputazionali.
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Reati finanziari e crypto: domande frequenti
Cosa si intende per reati finanziari nel diritto italiano?
I reati finanziari comprendono tutte le violazioni penalmente rilevanti che incidono sull’integrità del sistema economico e finanziario. Tra questi: riciclaggio, autoriciclaggio, truffa, bancarotta fraudolenta, abuso di mercato e reati tributari.
L’autoriciclaggio può riguardare anche le criptovalute?
Sì. Se i profitti ottenuti tramite attività illecite (es. truffe online o intermediazione abusiva) vengono reimpiegati per acquisti o investimenti in criptovalute, può configurarsi il reato di autoriciclaggio, purché il reato presupposto sia accertato.
Serve un’autorizzazione per operare con le criptovalute in Italia?
Oggi sì. Dal 2022, chiunque offra servizi relativi a valute virtuali (come exchange o wallet provider) deve registrarsi presso l’OAM e rispettare obblighi di tracciabilità e antiriciclaggio.
Cosa ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 22651/2025?
Ha stabilito che, nel 2015‑2016, non era prevista alcuna norma che imponesse un’abilitazione per operare con criptovalute. Di conseguenza, non esisteva reato presupposto e la condanna per autoriciclaggio è stata annullata.
Come posso tutelarmi dai rischi penali se opero con criptovalute?
È fondamentale adottare un approccio preventivo: consulenza legale, analisi dei rischi, registrazione all’OAM, procedure di compliance. L’assistenza di un avvocato penalista può fare la differenza.
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